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Articoli 2002/03

 

16 aprile 2003

Nel prato delle margherite

Autore : DJ

Articoli 2002/03

Prepartita:  SOI Inveruno - Mimombo Stars        (Serie D maschile)

 

     Ancora una volta…

Ancora una volta ci troviamo sulla soglia.

Giunti sul limitare della soddisfazione delle nostre aspirazioni, la fredda e letargica serpe della paura socchiude gli occhi e comincia il suo crudele lavoro di aggrovigliare cervella e interiora alle sue vittime.

Solo poche settimane orsono si pregustava il dolce sapore del nettare del successo.  Quella possibilità di promozione, forse insperata all’inizio ma saldamente concretizzatasi giorno dopo giorno, tenzone dopo tenzone, in un turbinio di episodi ed emozioni che hanno sconvolto i piani e i programmi di chi voleva far terra bruciata dei fucsianero.

Solo pochi giorni fa si spergiurava sicuri e agguerriti sull’indomita volontà di conseguire ad ogni costo quest’obiettivo così vicino e così affascinante.

Cosa è cambiato da allora?

Dove si è nascosta quella maestosa grinta dei tempi andati?

Quando è stata smarrita quella luce lontana che ci conduce verso la meta?

Per quanto possa mai essere stato nei progetti o nelle aspirazioni, il traguardo non è mai stato allo stesso tempo così da noi ambiguamente vicino e lontano.

Sebbene basti solo una vittoria ad aprirci le porte del Paradiso, questa vittoria è la più complessa ed impegnativa da conseguire.

Malgrado gli avversari da battere siano senza dubbio i più forti, sappiamo che abbiamo una possibilità di carpire quel successo che aneliamo.

Nonostante possediamo in fondo al cuore la volontà di metterci in gioco un’altra estrema volta, veniamo depressi ed orgogliosamente mutilati dalla novella paura dell’insuccesso sorta in pochi brevi ma intensi istanti dalle stagnanti e malsane acque dell’ultimo soffocante insuccesso.

Sono passati mesi, ormai da quelle infauste gesta, che in pochi giorni cancellarono, bruciandone le decennali radici, ciò che in anni di esperienze ed impegno avevamo bonariamente edificato.  Ma, la buona sorte non ci fu del tutto avversa.

Come la leggera brezza mattutina, che deposita minuscoli, insignificanti ma fertili semi sulle deserte, cineree ed apparentemente sterili pendici di un vulcano dopo l’eruzione, mani tenaci e sofferenti hanno ripiantato nel grembo arido di Venegono il seme della speranza di sopravvivenza dei Mimombo Stars.

Germogliato in silenziosa solitudine,  circondato dalla desolazione di chi ha mostrato disinteresse ed ostentazione di astio verso una realtà che non gli appartiene, e che forse non gli è mai appartenuta, il fortunato seme è cresciuto, alimentato da una linfa antica, vitale e immarcescibile che lo difeso dai parassiti e dalle foglie secche che la vita inevitabilmente pone fra noi.

Il seme è cresciuto nello sterile inverno, divenendo ora un  sottile arbusto, i cui dolci rametti e le morbide foglioline sfiorano le tenere erbette e le sorridenti margherite entusiasti figlie della colorata primavera.

Nell’ora della fioritura, quando il destino deve inequivocabilmente compiersi, solo la purezza di spirito, la fede nelle proprie radici, la saldezza dei propri legami  e la tenacia della propria volontà può consentire la massima espressione delle proprie virtù ed il realizzarsi di sogni meravigliosi.

E’ da quasi dieci mesi che non scrivevo  più nulla in questa pagina, deluso da inaspettate volontà di distruzione di persone di fiducia e da vaneggiamenti di altre.  Ma, sento che il momento da affrontare è drammaticamente reale, credo che abbiate in voi la forza per affrontarlo, e posso ancora sperare che nessuno di voi decida di mollare proprio ora.

Sarebbe facile andare ad affrontare Inveruno ed essere sconfitti.   Nessuno avrebbe nulla da ridire, sono più forti, giocano meglio, vincono quasi sempre.  Sarebbe scontato, nessuno avrebbe nulla da rimproverarvi per quella partita.

Ma è troppo facile!

E’ fin troppo facile cadere tra le morbide braccia del Morfeo della gloria svanita fronte all’avversa fortuna.

Si è chiamati all’impresa.

Non come docili coniglietti che pascolano timorosamente tra le margherite del prato, ma come tigri nell’erba alta, pronte ad addentare la gustosa carotide della preda che non sospetta il pericolo che l’attende, come Gesù a piedi nudi nel giardino del Getsemani cammina verso il  suo destino, pronto ad affrontare senza alcun timore la sorte che il Cielo riserva.

La vittoria sarà affrontare l’impegno a testa alta, senza la certezza di vincere, ma con la convinzione non solo di provarci, non solo di poterlo fare, ma con la sicurezza di chi vuole con tutta l’anima ottenere ciò per cui ha già a lungo lottato e non permetterà che alcun rigurgito di destino, moroso di gloria nei suoi confronti, lo defraudi del suo agognato scranno nel Walhalla degli eroi. 

 

Sir Williams Shakespeare nel 1598 descrisse un’attesa analoga alla nostra nell’Enrico V.  Alla vigilia della battaglia di Agincourt, durante la guerra dei cent’anni, tra gli inglesi, di gran lunga inferiori in numero ed in forza, feriti ed affamati, alcuni nobili  desidererebbero avere rinforzi dall’Inghilterra, ma Re Enrico, risponde loro così :” Chi è che formula un tal desiderio? Sei tu,  Westmoreland? No, mio bel cugino, non desiderare nulla di simile!

Se siamo segnati per morire, siamo in numero sufficiente per procurare gravi perdite al nostro paese; e se vivremo, minore il nostro numero, maggiore per ognuno la quota di gloria.

Perciò ti prego, per l’amor di Dio, non augurarti un sol uomo di più dall’Inghilterra.

Per Dio. Io non sono bramoso d’oro, non mi curo di quanti vivono a mie spese,

né tanto meno se altri si sia vestito dei miei panni: queste cose esteriori non hanno peso tra i desideri del mio cuore.  Ma se è peccato agognar la gloria, allora, io sono il più grande peccatore tra le anime che vivono su questa terra. 

No, cugino, che non ti venga in animo il desiderio d’un sol uomo in più dall’Inghilterra. Ma, pace di Dio!, per nulla al mondo rinuncerei a quella piccola frazione di gloria che anche l’aggiunta di un sol uomo a me parrebbe togliermi.

Ti prego, non lo desiderare. 

Anzi, mio caro cugino, vai a proclamare per tutti i reparti del nostro esercito che se ci sia qualcuno in mezzo a loro che non si senta di prendere parte alla battaglia di domani, se ne vada a casa: riceverà il suo bel lasciapassare e gli sarà dato, nella borsa, denaro sufficiente per il  viaggio di ritorno.

Non vogliamo morire insieme a nessuno che abbia paura di essere nostro compagno nella morte.

Da noi in Inghilterra questo giorno è la festa di Santo Crispino; chi sopravvivrà a questo giorno ed avrà la fortuna di giungere a vecchiaia, si rizzerà sulle punte al solo sentire il nome di San Crispino.  Ogni anno, alla vigilia di questo giorno, inviterà tutti i vicini nella propria casa e dirà loro: “Domani è la festa di San Crispino”, poi, si rimboccherà le maniche ed esibendo le sue cicatrici, dirà “Queste ferite le ho ricevute nel giorno di San Crispino”.

In vecchiaia tutto si dimentica.  Ma, anche se tutto il resto avrà dimenticato, egli ricorderà e racconterà, anche ricamandoci sopra, le gesta compiute in questo giorno.

E allora i nostri nomi, Re Enrico, Bedford, Warwick, Talbot, Gloucester, Exeter, e Salisbury, familiari sulle sue labbra,risuoneranno tra i boccali traboccanti.

Ed il buon uomo racconterà le gesta a suo figlio e questi al suo per generazioni.

E questo giorno dei Santi Crispino e Crispiano, non passera mai oggi alla fine del mondo senza che in esso noi fossimo ricordati, noi pochi, noi felici, noi banda di fratelli.  Si! Fratelli perché chi oggi verserà il suo sangue assieme al mio sarà per sempre mio fratello, per umile sia la sua nascita ed il suo lignaggio, questo giorno nobiliterà la suo origine ed il suo valore.

 E quei nobili che ora dormono nei loro comodi letti in Inghilterra, si reputeranno sfortunati per non aver combattuto qui con noi quest’oggi e si sentiranno sminuiti nella loro virilità quando a parlare sarà qualcuno che abbia combattuto qui con noi nel giorno di San Crispino.

 

   Ogni Nazione celebra gloriosamente il proprio San Crispino, anniversari di giorni che hanno segnato la storia della nazione stessa.  Gli Stati Uniti festeggiano il 4 Luglio quale anniversario della dichiarazione di indipendenza, in Francia si celebra il 14 Luglio quale culmine della Rivoluzione, seppur per situazioni completamente diverse, Italia e Portogallo festeggiano il 25 Aprile come anniversario della liberazione….  tocca a noi, trasformiamo il 26 Aprile, nel nostro San Marcellino, il giorno della vittoria.

  

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