Ancora una volta…
Ancora
una volta ci troviamo sulla soglia.
Giunti
sul limitare della soddisfazione delle nostre aspirazioni, la fredda e
letargica serpe della paura socchiude gli occhi e comincia il suo crudele
lavoro di aggrovigliare cervella e interiora alle sue vittime.
Solo
poche settimane orsono si pregustava il dolce sapore del nettare del
successo. Quella possibilità
di promozione, forse insperata all’inizio ma saldamente concretizzatasi
giorno dopo giorno, tenzone dopo tenzone, in un turbinio di episodi ed
emozioni che hanno sconvolto i piani e i programmi di chi voleva far terra
bruciata dei fucsianero.
Solo
pochi giorni fa si spergiurava sicuri e agguerriti sull’indomita volontà
di conseguire ad ogni costo quest’obiettivo così vicino e così
affascinante.
Cosa
è cambiato da allora?
Dove
si è nascosta quella maestosa grinta dei tempi andati?
Quando
è stata smarrita quella luce lontana che ci conduce verso la meta?
Per
quanto possa mai essere stato nei progetti o nelle aspirazioni, il
traguardo non è mai stato allo stesso tempo così da noi ambiguamente
vicino e lontano.
Sebbene
basti solo una vittoria ad aprirci le porte del Paradiso, questa vittoria
è la più complessa ed impegnativa da conseguire.
Malgrado
gli avversari da battere siano senza dubbio i più forti, sappiamo che
abbiamo una possibilità di carpire quel successo che aneliamo.
Nonostante
possediamo in fondo al cuore la volontà di metterci in gioco un’altra
estrema volta, veniamo depressi ed orgogliosamente mutilati dalla novella
paura dell’insuccesso sorta in pochi brevi ma intensi istanti dalle
stagnanti e malsane acque dell’ultimo soffocante insuccesso.
Sono
passati mesi, ormai da quelle infauste gesta, che in pochi giorni
cancellarono, bruciandone le decennali radici, ciò che in anni di
esperienze ed impegno avevamo bonariamente edificato.
Ma, la buona sorte non ci fu del tutto avversa.
Come
la leggera brezza mattutina, che deposita minuscoli, insignificanti ma
fertili semi sulle deserte, cineree ed apparentemente sterili pendici di
un vulcano dopo l’eruzione, mani tenaci e sofferenti hanno ripiantato
nel grembo arido di Venegono il seme della speranza di sopravvivenza dei
Mimombo Stars.
Germogliato
in silenziosa solitudine, circondato
dalla desolazione di chi ha mostrato disinteresse ed ostentazione di astio
verso una realtà che non gli appartiene, e che forse non gli è mai
appartenuta, il fortunato seme è cresciuto, alimentato da una linfa
antica, vitale e immarcescibile che lo difeso dai parassiti e dalle foglie
secche che la vita inevitabilmente pone fra noi.
Il
seme è cresciuto nello sterile inverno, divenendo ora un
sottile arbusto, i cui dolci rametti e le morbide foglioline
sfiorano le tenere erbette e le sorridenti margherite entusiasti figlie
della colorata primavera.
Nell’ora
della fioritura, quando il destino deve inequivocabilmente compiersi, solo
la purezza di spirito, la fede nelle proprie radici, la saldezza dei
propri legami e la tenacia
della propria volontà può consentire la massima espressione delle
proprie virtù ed il realizzarsi di sogni meravigliosi.
E’
da quasi dieci mesi che non scrivevo
più nulla in questa pagina, deluso da inaspettate volontà di
distruzione di persone di fiducia e da vaneggiamenti di altre.
Ma, sento che il momento da affrontare è drammaticamente reale,
credo che abbiate in voi la forza per affrontarlo, e posso ancora sperare
che nessuno di voi decida di mollare proprio ora.
Sarebbe
facile andare ad affrontare Inveruno ed essere sconfitti.
Nessuno avrebbe nulla da ridire, sono più forti, giocano meglio,
vincono quasi sempre. Sarebbe
scontato, nessuno avrebbe nulla da rimproverarvi per quella partita.
Ma
è troppo facile!
E’
fin troppo facile cadere tra le morbide braccia del Morfeo della gloria
svanita fronte all’avversa fortuna.
Si
è chiamati all’impresa.
Non
come docili coniglietti che pascolano timorosamente tra le margherite del
prato, ma come tigri nell’erba alta, pronte ad addentare la gustosa
carotide della preda che non sospetta il pericolo che l’attende, come
Gesù a piedi nudi nel giardino del Getsemani cammina verso il
suo destino, pronto ad affrontare senza alcun timore la sorte che
il Cielo riserva.
La
vittoria sarà affrontare l’impegno a testa alta, senza la certezza di
vincere, ma con la convinzione non solo di provarci, non solo di poterlo
fare, ma con la sicurezza di chi vuole con tutta l’anima ottenere ciò
per cui ha già a lungo lottato e non permetterà che alcun rigurgito di
destino, moroso di gloria nei suoi confronti, lo defraudi del suo agognato
scranno nel Walhalla degli eroi.
Sir
Williams Shakespeare nel 1598 descrisse un’attesa analoga alla nostra
nell’Enrico V. Alla vigilia
della battaglia di Agincourt, durante la guerra dei cent’anni, tra gli
inglesi, di gran lunga inferiori in numero ed in forza, feriti ed
affamati, alcuni nobili desidererebbero
avere rinforzi dall’Inghilterra, ma Re Enrico, risponde loro così :” Chi
è che formula un tal desiderio? Sei
tu, Westmoreland? No,
mio bel cugino, non desiderare nulla di simile!
Se
siamo segnati per morire, siamo in numero sufficiente per procurare gravi
perdite al nostro paese; e se vivremo, minore il nostro numero, maggiore
per ognuno la quota di gloria.
Perciò
ti prego, per l’amor di Dio, non augurarti un sol uomo di più
dall’Inghilterra.
Per
Dio. Io non sono bramoso d’oro, non mi curo di quanti vivono a mie
spese,
né
tanto meno se altri si sia vestito dei miei panni: queste cose esteriori
non hanno peso tra i desideri del mio cuore. Ma se è peccato
agognar la gloria, allora, io sono il più grande peccatore tra le anime
che vivono su questa terra.
No,
cugino, che non ti venga in animo il desiderio d’un sol uomo in più
dall’Inghilterra. Ma, pace di Dio!, per nulla al mondo rinuncerei a
quella piccola frazione di gloria che anche l’aggiunta di un sol uomo a
me parrebbe togliermi.
Ti
prego, non lo desiderare.
Anzi,
mio caro cugino, vai a proclamare per tutti i reparti del nostro esercito
che se ci sia qualcuno in mezzo a loro che non si senta di prendere parte
alla battaglia di domani, se ne vada a casa: riceverà il suo bel
lasciapassare e gli sarà dato, nella borsa, denaro sufficiente per il
viaggio di ritorno.
Non
vogliamo morire insieme a nessuno che abbia paura di essere nostro
compagno nella morte.
Da
noi in Inghilterra questo giorno è la festa di Santo Crispino; chi
sopravvivrà a questo giorno ed avrà la fortuna di giungere a vecchiaia,
si rizzerà sulle punte al solo sentire il nome di San Crispino.
Ogni anno, alla vigilia di questo giorno, inviterà tutti i vicini nella
propria casa e dirà loro: “Domani è la festa di San Crispino”, poi,
si rimboccherà le maniche ed esibendo le sue cicatrici, dirà “Queste
ferite le ho ricevute nel giorno di San Crispino”.
In
vecchiaia tutto si dimentica. Ma,
anche se tutto il resto avrà dimenticato, egli ricorderà e racconterà,
anche ricamandoci sopra, le gesta compiute in questo giorno.
E
allora i nostri nomi, Re Enrico, Bedford, Warwick, Talbot, Gloucester,
Exeter, e Salisbury, familiari sulle sue labbra,risuoneranno tra i boccali
traboccanti.
Ed
il buon uomo racconterà le gesta a suo figlio e questi al suo per
generazioni.
E
questo giorno dei Santi Crispino e Crispiano, non passera mai oggi alla
fine del mondo senza che in esso noi fossimo ricordati, noi pochi, noi
felici, noi banda di fratelli. Si!
Fratelli perché chi oggi verserà il suo sangue assieme al mio sarà per
sempre mio fratello, per umile sia la sua nascita ed il suo lignaggio,
questo giorno nobiliterà la suo origine ed il suo valore.
E
quei nobili che ora dormono nei loro comodi letti in Inghilterra, si
reputeranno sfortunati per non aver combattuto qui con noi quest’oggi e
si sentiranno sminuiti nella loro virilità quando a parlare sarà
qualcuno che abbia combattuto qui con noi nel giorno di San Crispino.”
Ogni Nazione celebra gloriosamente il proprio San Crispino, anniversari di
giorni che hanno segnato la storia della nazione stessa.
Gli Stati Uniti festeggiano il 4 Luglio quale anniversario della
dichiarazione di indipendenza, in Francia si celebra il 14 Luglio quale
culmine della Rivoluzione, seppur per situazioni completamente diverse,
Italia e Portogallo festeggiano il 25 Aprile come anniversario della
liberazione…. tocca a noi,
trasformiamo il 26 Aprile, nel nostro San Marcellino, il giorno della
vittoria.
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