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La
primavera aveva aperto le sue ali sulle contrade padane, inondando di
gaudiosa brezza vitale le creature che dimorano nelle accoglienti pianure
situate all'ombra delle alpi.
Ma la dolce e feconda stagione degli amori era ancora debole e per
il momento non in grado di scacciare il gelo dell'anima che attanaglia
cuore e spirito dei giusti.
Il Sole di primavera emanava i suoi raggi che andavano a cadere su
una terra oppressa da un crudele invasore.
In un vicolo del villaggio di Venegono, città occupata dalle
truppe imperiali, una banda di ribelli completa i preparativi per
l'assalto al nemico. Il gruppo è molto rimaneggiato, ma tra di
essi, l'occhio esperto poteva facilmente riconoscere El Tiburon, fra
Walter da Tradate, l'alabardiere Guzzo, il poderoso Taniwha, il
protospatario Axel, il brizzolato Obi Wan, il triste cavaliere del Pane,
il Vanpirello padano, il mastro Arboreo,il Paggio apprendista e, al loro
comando, re Max dei Corseti, il cui trono è stato usurpato dai buchi
aguzzini imperiali.
Il castello di Vanegono, che vide il regno di una lunga e gloriosa
dinastia di Mimombo, è ora occupato dai seguaci delle forze del male.
Questa volta le truppe vengono dalla città di Luino, assediata, violata e
saccheggiata tempo addietro dai valorosi combattenti fucsianero.
Al momento concordato,da dietro le barricate costruite per le
strade, con un semplice gesto, il mastro d'armi Obi Wan Gelasio lanciò i
guerrieri all'attacco dell'esercito invasore, schierato in forze ridotte
sulla collina di Venegono. L'azione, che già appariva disperata, è
resa ancora più improba dall'angoscia esistenziale che pervade le menti
dei mimombo, oscurandone il coraggio e lasciando via libera al freddo
serpente della paura.
Affrontando la tenzone con quest'animo incerto, la sconfitta
diviene ineluttabile, ma nessuno poteva prevedere le drammatiche perdite
subite nell'assalto. Così i laceri armigeri ripiegarono
dietro le barricate, ora assaltate dalle truppe Luinesi in cerca della
vittoria che massacrasse le ultime speranze dei fucsianero.
Lo sconforto dilagava nella truppa, tanto che fra Walter, nel pieno
della disperazione, si rivolgeva ai compagni dicendo:"Amici, questa
è la fine di tutto. I nostri grandi sogni stanno per spegnersi come
candele nel tornado." Poi mentre queste escatologiche
affermazioni galleggiavano ancora nell'aria, arretrava dalla barricata
dove gli assalitori stavano per aprire un varco.
Negli occhi di re Max si riaccese l'antica luce dei tempi passati,
quando giovinetto combatteva al fianco di leggendari guerrieri, e non
potendo più sopportare che il suo regno patisse l'oppressione imperiale
si rivolse ai suoi fidi soldati esortandoli." Ancora una volta alla
breccia, amici miei, ancora una volta! oppure chiudete l'apertura del muro
coi cadaveri dei nostri caduti.
In tempo di pace nulla si adatta maglio all'uomo se non un contegno
umile e rispettoso. Ma quando il vento della guerra comincia a
spirare e risuona nell'orecchio lo squillo della battaglia, allora
imitate il contegno della tigre: irrigidite i muscoli, chiamate a raccolta
tutto il vostro coraggio, nascondete la bonarietà sotto le sembianze di
un truce furore; date all'occhio l'aspetto terribile della tigre
assassina, fate che scruti attraverso alle feritoie dell'elmo come un
cannone di bronzo, e la fronte lo domini così paurosamente come una
roccia frastagliata sporge e sopravanza alla base logora divorata dal
selvaggio oceano devastatore. Ora serrate i denti, aprite bene le
narici, trattenete il respiro e tendete il coraggio sin dove può
giungere. Avanti, avanti, nobilissimi Mimombo, il cui sangue deriva da
padri provati nella guerra, padri che come Alessandro il Macedone
combatterono in questi luoghi dalla mattina alla sera e ringuainarono le
spade solo per mancanza di avversari. Non disonorate le vostre madri
e dimostrate che coloro che chiamate padri vi hanno veramente generati.
Siate esempio a uomini di sangue più grossolano e insegnate loro come si
fa la guerra. E voi, buoni fanti, le cui membra furono procreate nelle mie
terre, qui mostrate come foste nutriti. Possiamo giurare che senza dubbio
alcuno siete degni della razza a cui appartenete, poiché non c'è nessuno
di voi tanto basso e vile che non abbia un generoso lampo negli occhi.
Vedo che state come levrieri che tirano il guinzaglio, pronti a lanciarsi.
La partita è incominciata la piana di Armageddon ci aspetta.
Seguite l'impulso del vostro coraggio. Gettatevi nella mischia gridando: -
Per re Max, per la gnocca e per la splendente stella dei Mimombo Stars"
.
Mossi da cotal incitamento i nobili guerrieri alzarono le spade al
cielo giurando che non le avrebbero rinfoderate finche non fossero state
lorde del sangue nemico.
Senza indugiare si gettarono sui Luinesi, aiutati da un fantomatico
tredicesimo cavaliere, il cui nome è Erik il Peloso, un valido
combattente dalla pelle gialla, giunto dalle desolate pianure del Golan
per sostenere la rivolta di re Max. I Luinici videro il nemico
abbattersi su di loro e furono terrorizzati dall'urlo di battaglia
"Oh, Bonettina", che i venegonesi gridavano a squarciagola.
La battaglia fu lunga e terribile. Si combatté fino a tarda
notte e quando i guerrieri fucsianero non potevano usare le spade,
combattevano secondo le loro abilità, El Tiburon con le mani, Vampirello
con i denti, Pane con le corna, Axel sparando stupidate tremende e così
via ognuno dando quanto in quel momento poteva dare.
Poi, questa battaglia, come ogni battaglia, ebbe fine.
L'alba del nuovo giorno illuminò una terra di nuovo libera
dall'oppressione delle forze delle tenebre.
Dalla collina prospiciente il castello scesero tre cavalieri, uno
di questi era Carlone il lungo che, impossibilitato a combattere per le
numerose ferite riportate in passato, era giunto per riconsegnare a re Max
la corona perduta e per celebrare la vittoria.
Riconquistato il castello, i rinvigoriti armigeri possono ora
tracciare un nuovo percorso che li conduca seppur lentamente verso i
traguardi agognati. Ma come diceva Confucio, anche il più lungo cammino
comincia con un piccolo passo.
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