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Quasi smarrita nel fitto fogliame della giungla, la pesante bestia
avanzava lentamente sforzandosi di non pensare agli innumerevoli errori
commessi negli ultimi tempi.
Procedendo in caccia di una nuova preda, la belva della prealpi
aveva attraversato valli e fiumi ed ora stava infiltrandosi coattamente in
una anomala fredda savana dove però, il colore paglierino degli alti e
secchi arbusti consentiva una più semplice mimetizzazione del suo manto
appariscente.
Ansia e paura dominavano però i suoi pensieri.
Eoni sono trascorsi da quando la natura incontaminata e i grandi
rettili dominavano incontrastati la superficie terrestre e mesi sono ormai
passati da quando lei, la tigre di Venegono, sovrastava senza alcun timore
le Higlands padane. Ora nuovi nemici dalle zanne più
taglienti e nuovi predatori dagli istinti omicidi si aggirano tra le sue
terre seminando terrore morte e devastazione al loro passaggio.
Nuove strade, nuovi sentieri di caccia devono essere ormai
ricercati per poter individuare prede dalle carni tenere e succulente.
Le ferite riportate negli scontri con i nuovi predatori dolgono
tuttora, ma non sono quelle a causare i problemi maggiori. Più
grave è lo stato d'animo che la sconfitta crea, la sensazione
d'impotenza, fronte al nemico, la paura di essere nuovamente
sopraffatti e di dover sopportare un'altra volta l'onta amara della
sconfitta.
A dargli la forza, per rimettersi in caccia, è l'istinto assassino
della tigre, rinvigorito dal sapore del sangue riassaporato la scorsa
settimana dopo lunghissime settimane di fallimenti e sconfitte.
Per la caccia di quel giorno, aveva fatto molta strada.
Non era il posto più lontano in cui aveva dovuto recarsi per
cacciare, ricorda bene quando aveva dovuto camminare fino alle rive di un
lago, dove dopo un estenuante combattimento si era nutrita delle
prelibate carni dell'animale lacustre guardando lo spettacolo di un lago
in fiamme.
Giunto alle soglie di una radura, il felino individua finalmente la
preda. Questa volta la selvaggina appare inerme e debole. Per
questo la belva fucsia nera non si preoccupa dei possibili rischi connessi
all'assalto di un animale che non ha mai visto prima. La
preda, infatti, è un caronno, uno strano animale della savana padana,
combinazione genetica di un tapiro cornuto e una cozza.
Improvvisamente ed inaspettatamente, calò la nebbia sulla radura.
Con passo felpato, si avvicina alla preda poi, sicura di sé, la tigre si
lancia allo scoperto avventandosi rapidamente sull'animale impaurito.
Ma l'abbandono prematuro del sicuro scudo costituito dagli alti
arbusti, si rivela un grave errore. Il caronno avendo individuato
l'arrivo dell'opulento predatore reagì tempestivamente, colpendo il
grosso predatore sul fianco con le sue corna muschiate.
La tigre, che certo non si aspettava tale reazione, inverte il
senso di marcia torna a nascondersi nella folta vegetazione, dove può
leccare con dovizia la nuova ferita aperta sul vello striato.
Sentendo montare la rabbia, il feroce felino abbandona gli indugi
e, aggirando la preda, la assale alle spalle. Niente dà più
soddisfazione, alla tigre venegonese, del sentire le proprie zanne nelle
carni della preda, tenere come una tagliata di cavallo cotta alla griglia.
Due rapide zannate costringono il piccolo animale a terra,
apparentemente in attesa dell'ineluttabile destino.
Ma non fu così. Avvertendo l'approssimarsi del tristo
mietitore, la vacillante mente della preda, reagì concentrando tutte le
energie in un unico ed estremo tentativo di difesa. Con le
corna di cui era dotato, eloquenti della fedeltà del partner, colpì
l'assalitore, colto nuovamente di sorpresa da una preda che immaginava
ormai già infilata sullo spiedo.
Tra adrenalina ed ormoni che gli annebbiavano la vista la tigre
riuscì a ritrovare un minimo di lucidità per azzannare alla gola il
tenero caronno, lasciando laceri brandelli di carne e frammenti
sfilacciati di carotide, pendere dal cranio, quasi completamente staccato
dal collo.
Dopo essersi saziata delle carni dell'infida preda, la tigre
riprende il suo cammino ma, le ferite riportate, da un così docile
animale, inducono la sua mente a lunghe meditazioni.
Nel lungo cammino verso casa, un amaro e rassegnato pensiero
si fa largo nella sua mente: "Forse siamo alle cozze !!"
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